sabato 7 settembre 2013

La misura del lavoro

Sicuramente agli amici che mi conoscono personalmente e che hanno la pazienza di seguirmi su questo blog sarà risultato strano che io non abbia trattato, se non indirettamente (vedi qui, qui, qui e qui), un tema come quello del "lavoro" al quale sono estremamente sensibile.
Nelle more di trovare tempo ed energia per concedergli il giusto spazio, voglio condividere con voi delle splendide riflessioni di Andrea Tagliapietra che ho avuto il piacere di leggere, quali citazioni, nel libro "La natura oltre la storia" di Marco Bruni.

"Ecco allora che la centralità moderna del lavoro dev'essere misurata, ossia deve rifare i conti praticamente e teoricamente con l'idea della fine. Si tratta cioè di sottoporre il lavoro ad una misura come resistenza ontologica alla manipolazione illimitata. E' necessario, sia dal punto di vista dell'uomo come essere finito, mortale e corporeo, sia dal punto di vista del pianeta come totalità finita, rovesciare il paradigma della produttività infinita che è anche, per certi versi, il paradigma dell'automatismo seriale della macchina che affiora, intellettualizzato e concettualizzato, nel cosiddetto pensiero della tecnica. Oggi è quanto mai indispensabile risemantizzare il lavoro al di fuori della produzione, della fatica e del fare, in direzione della conservazione, della relazione e della cura. Abbandonando il fascino della produttività infinità e della vertigine della performance, l'uomo deve comprendere che il suo fare è determinato dalla qualità e dalla padronanza del più ampio gesto del suo non fare. Il lavoro, di conseguenza, dev'essere la misura asintotica di un fare di meno, nella prospettiva di quel non fare affatto che è proprio della contemplazione, là dove felicità e saggezza si danno convegno. Del resto, il compito del lavoro, sin dall'inizio dell'avventura umana, non è stato quello di trasformare il mondo, nè perciò distruggerlo, bensì quello di renderlo amico e familiare, ovvero di abitarlo. E' questo, forse, l'unico modo per avere un futuro."  [1]



[1] Icone della fine. Immagini apocalittiche, filmografie, miti - Andrea Tagliapietra - Ed. Il Mulino

1 commento:

  1. sarà mai possibile rovesciare il pensiero imperante del lavoro inteso come fine dell'Uomo e non come mero mezzo? Ripenso alle determinazioni del gruppo Krisis sull'argomento lavoro e le discussioni con i " compagni" che vedono il non lavorare come un fallimento dell'individuo, sia nella società capitalistica che in quella collettivistica.
    E' forte il richiamo anche al " rasoio di Occam".. questo correre per aumentare la produzione e utilizzare il Tempo per aumentare la produzione .. una corsa che non porta da nessuna parte, se non a uccidere più velocemente la Terra.
    La crisi economica che viviamo sarebbe potuta essere una buona base per lo stravolgimento del pensiero corrente, ma non è cosi..
    Ti lascio con una speranza....

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