sabato 17 dicembre 2011

O' Spred

 












A Napoli ognuno vive in una inebriata dimenticanza di sè.
 Accade lo stesso anche per me. Mi riconosco appena     
  e mi sembra di essere del tutto un altro uomo.                
Ieri pensavo : "O eri folle prima, o lo sei adesso".            
Wolfgang Goethe - Viaggio in Italia 



Ormai la notizia sembra certa, confermata da più fonti.
Mentre nelle botteghe di San Gregorio Armeno sono già in bella mostra le statuine del Primo Ministro Monti e di Berlusconi con annessa valigia e cartello "Mi dimetto subito", fra poche ore o al massimo pochi giorni, sulle bancarelle (naturalmente abusive) di tutta Napoli arriverà la nuova "botta", appositamente costruita in fucine disseminate nella periferia della città, dove la norma è che tutto sia rigorosamente non a norma, per festeggiare la dipartita di questo nefasto 2011.
La nuova creazione si chiamerà o' spred.
Finalmente questa parola, che da mesi è entrata nel lessico corrente di tutti gli italiani senza che se ne sappia effettivamente il significato, avrà un suo senso.
Fonti ben informate dicono che non si tratterà della solita "bomba", che negli scorsi anni è stata chiamata  il "Pallone di Bin Laden", la "Capata di Zidane", "Ratzinger", la "Bomba di Maradona"; ma di un fuoco di artificio che salirebbe e scenderebbe in cielo lasciando scie luminose e che, in ossequio alla crisi, costerà solo 50 euro.
Allo scoccare della mezzanotte del 31 dicembre Napoli si riempirà, per l'ennesima volta, di luci e suoni.
Anche quest'anno ci saranno sorrisi, abbracci, ambulanze che sfrecceranno in tutta la città, risate, mani insangiunate, gioia, ferite, lutti, follia e pace.
Nel ventre di Napoli, ombelico del mondo, per pochi istanti, la coltre di fumo lasciata dai fuochi e dai botti, che avvolgerà la città come una fitta nebbia, non sarà altro che l'ombra di un Dio antico che torna a guardare il suo mondo...l'ombra di Dioniso.



giovedì 8 dicembre 2011

Il Mercato illogico

















Ricordo, che quando ero bambino, andavo spesso con mia madre al mercato.
A Castellammare di Stabia, dove sono nato, c'erano due mercati, uno ortofrutticolo e l'altro invece che si era creato in diversi vicoli stretti di una zona della città dove c'erano negozietti e bancarelle che vendevano abbigliamento, prodotti per la casa, tessuti e tante altre cose.
Di entrambi ricordo gli odori, i colori, i suoni, le persone. In quegli spazi c'erano emozioni, sensazioni, amicizie, antipatie, furbizie, altruismo, soldi, contrattazioni (estenuanti per risparmiare qualche lira), in poche parole c'era prepotentemente l'essere umano.
L'uso attuale della parola mercato, nonostante fortunatamente continua ad esistere in ogni città come luogo fisico, ci rimanda ad un'astrazione, un non-luogo, dove vigono regole e leggi che non solo influenzano i prezzi dei prodotti ma sono riuscite a controllare la totalità della vita umana decidendo, in ultima istanza, dell'esistenza di persone, gruppi, Stati.
La fiabesca teoria economica da secoli alimenta un Mito, un sogno di logica e ragione che avrebbe finalmente liberato l'uomo da tutte quelle fastidiose pulsioni  per permettergli di scambiare i prodotti del suo sudore e del suo ingegno massimizzando gli utili e minimizzando i costi.
Il mercato sarebbe quel non-luogo dove tutto acquista un suo proprio equilibrio.
Purtroppo, e non soltanto per l'immane crisi attuale, sappiamo bene, provandolo quotidianamente sulla nostra pelle, che tutto questo non è assolutamente vero.
Non si offendano gli economisti e tutti i fautori di un liberismo estremo ma il mercato non ha altro che un effetto di amplificazioni.
Nei momenti di crisi la amplifica così come amplifica il benessere nei momenti di fiducia in una visione positiva dell'uomo, della società, del mondo.
C'era molto più equilibrio e consapevolezza nel mercatino di quando io ero piccolo dove sia il compratore sia il venditore andavano a casa veramente soddisfatti e dove la contrattazione tutto era fuorchè semplice calcolo ma scambio simbolico, immaginale, emozionale, valoriale.
Quando sentiamo in noi stessi e negli altri una reazione di sbigottimento o di rabbia alle parole "è il mercato che lo vuole" o "il mercato ha deciso così" non cadiamo nella trappola di definirci ignoranti, stupidi o incompetenti perchè c'è un motivo molto profondo a queste reazioni.
Per tentare di comprendere come siamo arrivati a questo punto e per cercare di capire il senso che abbiamo dato a comportamenti che ci stanno portando sull'orlo di un baratro possiamo farci aiutare dalla teoria delle azioni non-logiche di Pareto senza però disdegnare di accennare anche alla sua biografia che ci permette di evidenziare alcuni paradossi che caratterizzano il nostro esistere quotidiano.

venerdì 2 dicembre 2011

Pensieri radenti




Stamattina, radendomi davanti allo specchio, ho ripensato all'ottavo punto del "Programma bioeconomico minimale" dell'economista eterodosso Georgescu-Roegen.
"Dovremmo curarci per liberarci di quella che chiamo la circumdrome del rasoio, che consiste nel radersi più in fretta per avere più tempo per lavorare a una macchina che rada più in fretta per poi aver più tempo per lavorare a una macchina che rada ancora più in fretta, e così via, ad infinitum. (...) Dobbiamo renderci conto che un prerequisito importante per una buona vita è una quantità considerevole di tempo libero trascorso in modo intelligente". [1]
Molti economisti, tecnici, politici, premi nobel, emeriti giornalisti ci dicono che il problema dell'Italia non è tanto il debito pubblico ma la mancata crescita.
Se riusciremo, quindi, ad invertire il trend, probabilmente, ci potremo lasciare alle spalle questa drammatica crisi anche se non so quanto saremo presentabili esteticamente tutti con barbe folte e lunghe.


[1] Bioeconomia - Verso un'altra economia ecologicamente e socialmente sostenibile - N. Georgescu-Roegen - Ed. Bollati Borringhieri