domenica 17 novembre 2013

La Terra dei Fuochi

(Un piccolo gesto per condividere la battaglia di donne e uomini di queste antiche e martoriate terre)



"La campagna che circonda Napoli è tutta un immenso orto: è un piacere osservare l'incredibile quantità di verdura che viene portata in città tutti i giorni, e come l'industriosità umana riporti poi alla campagna i rifiuti della cucina, per concimare la vegetazione. I torsoli e le foglie dei cavolfiori, dei broccoli, dei carciofi, dei cavoli, dell'insalata, dell'aglio, costituiscono una parte notevole della spazzatura della città; e ognuno cerca di raccoglierne quanto più può. Riempiono, con abilità particolare, i grandi canestri issati sul dorso d'un asino. Non c'è orto, che non abbia il suo asino. Servi, ragazzi, i padroni stessi vanno e vengono dalla città durante la giornata. Con quale premura questa gente raccoglie anche lo sterco dei cavalli e dei muli! Quando di notte i ricchi se ne tornano a casa in carrozza, non pensano che già dall'alba altri uomini s'industrieranno a seguire le tracce dei loro cavalli.
Talvolta due di questi individui fanno società, comprano un asino, prendono in fitto un pezzo di terra e, lavorando alacremente, sviluppano la loro attività, grazie a questo clima felice, in cui la vegetazione non si arresta mai"
                                                                                  Johann Wolfgang von Goethe, Viaggio in Italia [1]



[1] Goethe soggiornò a  Napoli, una prima volta, dal 25 febbraio al 29 marzo del 1787 e, nuovamente, dal 13 maggio al 3 giugno prima di ripartire per Roma.

sabato 12 ottobre 2013

L'Etica di Spinoza e quella di Morin

"Quando gli uomini dicono che questa o quella
azione del corpo ha origine nella mente,che ha
impero sul corpo, essi non sanno quello che
dicono, e non fanno altro che confessare, con
parole pretenziose, che ignorano la vera causa
di quell'azione senza meravigliasene"

"Noi non tendiamo a una cosa, né la vogliamo,
né la desideramo perchè la giudichiamo buona,
al contrario la giudichiamo buona perchè vi
tendiamo, la vogliamo e la desideriamo. (...)
Gli uomini infatti credono di essere liberi perchè
sono consci delle loro azioni e ignari delle cause
da cui vengono determinati"

B. Spinoza, Etica 

Non temete, non mi permetterei mai, viste le mie limitate doti, un parallelismo fra il pensiero di Spinoza e quello di Morin. Quello che mi spinge, invece, ad accostare il capolavoro filosofico di Spinoza al VI Tomo del Metodo di Morin, intitolato appunto Etica, è il ritrovamento dell'unico manoscritto originale dell' Ethica ordine geometrico demostrata del filosofo olandase.
Fino ad ora ci si era basati sul testo pubblicato nel 1677, l'anno della morte del suo autore, in due versioni: l'una in latino e  l'altra in olandese.
Il manoscritto ritrovato nella Biblioteca Vaticana di Roma, invece, è datato 1675 ed è copiato ad opera di Pieter Van Gent, amico di Spinoza.
Tale scritto era giunto nella capitale grazie al celebre anatomista danese Niels Stensen, anch'egli di famiglia ebrea come il filosofo, che, convertitosi al cattolicesimo, l'aveva donato all'Inquisizione perchè ne curassero la messa al bando (come appunto accadde).
Ma, nonostante l'intenzione di Stensen e dell'Inquisizione di obliare il manoscritto di Spinoza, proprio la conservazione dello stesso fra i libri messi al bando ha finito, secoli dopo, per donare a tutta l'umanità l'unica copia originale del testo dell'Etica che permetterà di intraprendere nuovi studi dell'opera di Spinoza.
Ed è proprio questo storia del ritrovamento e lo iato fra l'intenzione/azione e la conseguenza a permettermi di introdurre  il concetto di ecologia dell'azione di Edgar Morin.
Nel capitolo 3 intitolato  L'incertezza etica, a mio parere basilare per l'intera opera, Morin, partendo dalla constatazione, a noi tutti familiare, che "è nell'atto che l'intenzione rischia l'insuccesso", mette in risalto che esiste sempre "una relazione nel contempo complementare e antagonista quando si considerano insieme l'intenzione e il risultato dell'azione morale. Complementare, perchè l'intenzione morale acquista senso solo nel risultato dell'atto. Antagonista, viste le conseguenze eventualmente immorali dell'atto morale e le conseguenze eventualmente morali dell'atto immorale".
Per comprendere, quindi, il problema degli effetti di ogni azione, Morin introduce il concetto di ecologia dell'azione che "ci indica che ogni azione sfugge sempre più alla volontà del suo autore nella misura in cui entra nel gioco di inter-retro-azioni dell'ambiente nel quale interviene".
Da ciò discendono due principi cardine.
Il primo ci evidenzia che "gli effetti dell'azione dipendono non solo dalle intenzioni dell'attore, ma anche dalle condizioni proprie dell'ambiente nel quale essa si compie".
Il secondo, che si sposa meravigliosamente con la storia del ritrovamento del manoscritto di Spinoza, mette in evidenza l'imprevedibilità a lungo termine di qualsiasi azione : "si possono pensare o supporre gli effetti a breve termine di un azione, ma i suoi effetti a lungo termine sono imprevedibili".
Forse a questo punto, viste le riflessioni di Morin e lo straordinario ritrovamento del manoscritto di Spinoza,  possiamo concludere che l'unica cosa che l'Inquisizione avrebbe dovuto fare per raggiungere il suo scopo, sarebbe stata, come spesso è accaduto nella storia, quella di bruciare il manoscritto.
Ma a dire il vero anche questa pratica barbara alla lunga non produce quasi mai gli effetti sperati.
Basti pensare, tornando alla nostra attualità,  alla nascita di associazioni e gruppi di persone che imparano a memoria libri o parti di essi per poterli, non solo declamare, ma anche portarli, col proprio corpo, in giro per il mondo permettendo con ciò che nulla venga dimenticato (si veda, ad es., il progetto che si chiama "Proyecto Farhenheit 451" inventato in Spagna e di cui l'associazione Donne di Carta ne è la portavoce italiana dal 2009 - http://www.donnedicarta.org/ ).


P.s.
Se qualcuno è voglioso di conoscere il pensiero di Spinoza in modo semplice consiglio di vedere le due conferenze, la prima di Remo Bodei, la seconda di Carlo Sini, che potete trovare rispettivamente all'indirizzo:
Cosi come, se si vuole approcciare al pensiero di Edgar Morin, consigio la lettura di:
-) I sette saperi necessari all'educazione del futuro - Ed. Cortina Raffaello
-) La sfida della complessità - Ed. Le Lettere (collana GaiaMente)

domenica 22 settembre 2013

Servitù e merce ovvero il "lavoro moderno"

Sempre in attesa di trovare tempo ed energie per scrivere un mio post sul "lavoro", oggi vi invito a riflettere su queste forti e tragiche parole di due immensi filosofi.


"Povero, allegro e indipendente! - queste tre cose insieme sono possibili; povero, allegro e schiavo! - anche queste sono possibili - e della schiavitù di fabbrica non saprei dire di meglio, posto che essi non sentano in genere come un'ignominia l'essere adoperati, come accade, a guisa di ingranaggi di una macchina e per così dire come tappabuchi dell'umana inventività.
Che orrore, credere che ciò che nella loro miseria è essenziale, voglio dire la loro impersonale condizione di servitù, possa essere eliminato con un salario più alto!
Che orrore, lasciarsi persuadere che, con un potenziamento di questa impersonalità all'interno del complicato meccanismo di una nuova società, la vergogna della schiavitù possa essere trasformata in virtù! Che orrore, avere un prezzo per il quale non si è più una persona, ma si diventa un ingranaggio. Siete voi i cospiratori, nell'attuale imbecillità delle nazioni, che vogliono soprattutto produrre il più possibile e arricchirsi il più possibile?
La vostra causa sarebbe di presentare il conto di risarcimento: per le grandi somme di valore interiore che vengono buttate via per un tale scopo esteriore! Dove sta allora il vostro valore interiore, se non sapete più che cosa significhi respirare liberamente? Se non avete, neanche un poco, in vostro potere voi stessi?"
                                                                                           Friedrich Nietzsche, Aurora





"Venne infine un tempo in cui tutto ciò che gli uomini avevano considerato come inalienabile divenne oggetto di scambio, di traffico, e poteva essere alienato; il tempo in cui quelle stesse cose che fino allora erano state comunicate ma mai barattate, donate ma mai vendute, acquisite ma mai acquistate - virtù, amore, opinione, scienza, coscienza, ecc. - tutto divenne commercio. E' il tempo della corruzione generale, della venalità universale, o, per parlare in termini di economia politica, il tempo in cui ogni realtà, morale e fisica, divenuta valore venale, viene portata al mercato per essere apprezzata al suo giusto valore"
                                                                                                   Karl Marx, Miseria della filosofia



P.s. sul tema, denuciato da Nietzsche, dell'essere un ingranaggio vi invito a leggere questo vecchio post

sabato 7 settembre 2013

La misura del lavoro

Sicuramente agli amici che mi conoscono personalmente e che hanno la pazienza di seguirmi su questo blog sarà risultato strano che io non abbia trattato, se non indirettamente (vedi qui, qui, qui e qui), un tema come quello del "lavoro" al quale sono estremamente sensibile.
Nelle more di trovare tempo ed energia per concedergli il giusto spazio, voglio condividere con voi delle splendide riflessioni di Andrea Tagliapietra che ho avuto il piacere di leggere, quali citazioni, nel libro "La natura oltre la storia" di Marco Bruni.

"Ecco allora che la centralità moderna del lavoro dev'essere misurata, ossia deve rifare i conti praticamente e teoricamente con l'idea della fine. Si tratta cioè di sottoporre il lavoro ad una misura come resistenza ontologica alla manipolazione illimitata. E' necessario, sia dal punto di vista dell'uomo come essere finito, mortale e corporeo, sia dal punto di vista del pianeta come totalità finita, rovesciare il paradigma della produttività infinita che è anche, per certi versi, il paradigma dell'automatismo seriale della macchina che affiora, intellettualizzato e concettualizzato, nel cosiddetto pensiero della tecnica. Oggi è quanto mai indispensabile risemantizzare il lavoro al di fuori della produzione, della fatica e del fare, in direzione della conservazione, della relazione e della cura. Abbandonando il fascino della produttività infinità e della vertigine della performance, l'uomo deve comprendere che il suo fare è determinato dalla qualità e dalla padronanza del più ampio gesto del suo non fare. Il lavoro, di conseguenza, dev'essere la misura asintotica di un fare di meno, nella prospettiva di quel non fare affatto che è proprio della contemplazione, là dove felicità e saggezza si danno convegno. Del resto, il compito del lavoro, sin dall'inizio dell'avventura umana, non è stato quello di trasformare il mondo, nè perciò distruggerlo, bensì quello di renderlo amico e familiare, ovvero di abitarlo. E' questo, forse, l'unico modo per avere un futuro."  [1]



[1] Icone della fine. Immagini apocalittiche, filmografie, miti - Andrea Tagliapietra - Ed. Il Mulino

mercoledì 21 agosto 2013

Spinoza - al di là del soggetto

(trascrizione della prima parte della conferenza di Vittorio Morfino intitolata “Spinoza al di là del popolo-soggetto” tenuta alla Casa della cultura il 12 ottobre 2011 e visibile su ArcoirisTv all’indirizzo http://www.arcoiris.tv/scheda/it/14960/ )


In che senso la filosofia di Spinoza sarebbe al di là del soggetto?
In primo luogo sappiamo che soggetto è un termine che appartiene alla filosofia kantiana e tuttavia benché Cartesio pensi ancora in una terminologia aristotelico-scolastica è a partire dalla sua filosofia, cioè dalla filosofia del cogito, che prende avvio la teoria moderna del soggetto.
Vi leggerò un passo di Heidegger, da “L’epoca dell’Immagine del mondo”, in cui, appunto Heidegger, mette in evidenza questo passaggio fondamentale. Scrive Heidegger:
“Dobbiamo senz’altro vedere questa parola subjectum la traduzione del greco hypokeimenon, la parola indica ciò che sta prima, ciò che raccoglie tutto in se come fondazione. Questo significato metafisico del concetto di soggetto non ha, originariamente, alcun particolare riferimento all’uomo ma il costituirsi dell’uomo a primo e autentico subjectum porta con se quanto segue: l’uomo diviene quell’ente in cui ogni ente si fonda nel modo del suo essere, della sua verità, l’uomo diviene il centro di riferimento dell’ente come tale.”
Dunque lo specifico dell’epoca moderna è il costituirsi dell’uomo a soggetto di fronte ad una oggettività rappresentata come mondo.
Ora vediamo rapidamente le mosse cartesiane che portano a questo costituirsi della centralità del soggetto. In primo luogo, naturalmente, il dubbio metodico che dagli errori della percezione, sino al genio maligno, conducono all’invenzione dello spazio di interiorità, lo spazio dell’ego come fondamento non scuotibile. Questo spazio di interiorità, ed è il secondo punto, è radicalmente separato dal mondo esterno e può accedere ad esso solo attraverso la rappresentazione chiara e distinta che altro non è, attraverso la garanzia divina, se non una matematizzazione del mondo, cioè il porre il soggetto al centro produce un’oggettivizzazione dl mondo, una totale matematizzazione del mondo.
Soggetto e oggetto si fronteggiano, in Cartesio, sotto forma di res cogitans e res extensa, spirito e materia, libertà e necessità, interiorità e mondo, sostanze radicalmente separate la cui comunicazione diventa il problema fondamentale della modernità.
Allora in che senso possiamo dire che Spinoza è al di là del soggetto e non al di qua, come sembra indicare Hegel quando dice che la filosofia di Spinoza è una filosofia orientalistica.
La mossa spinoziana è molto semplice. Egli nega sostanzialità alla res cogitans cioè all’ego, al pensiero e alla res extensa e ne fa due attributi di un'unica sostanza divina. Questa mossa elimina il problema cartesiano della comunicazione delle sostanze poiché appunto non si tratta di sostanze differenti ma di un’unica sostanza e dei suoi attributi e, tuttavia, questa mossa di riduzione delle sostanze cartesiane in un’unica sostanza apre una serie di nuovi problemi.
In primo luogo ciò che Cartesio chiama ego, res cogitans in Spinoza che statuto ha? E ancora, una volta negata sostanzialità all’individuo finito, in che cosa risiede il suo principio di individuazione, cioè il suo principio di individualità finita se noi neghiamo sostanzialità?
La res finita in Spinoza non è ne la sostanza della tradizione aristotelica ne il soggetto moderno. Spinoza chiama la res finita in un modo strano cioè Modo. Ora si tratta di comprendere la portata teorica di questa definizione. Modo secondo Spinoza è “ciò che è in altro è deve essere concepito in ciò che è in altro”. Qual è il profondo significato di questa definizione da cui Spinoza trarrà un’inaudita teoria dell’individualità, dell’individuo finito?
Il Modo è strutturale rinvio ad altro, è ciò che è in altro ma non è in altro come una paperetta è in una vasca da bagno è piuttosto in altro in quanto è rinvio ad altro. Il Modo è relazione ad altro, è esistenza in relazione, attraversato dalla relazione, costituito dalla relazione. Affermare che nell’universo non ci sono sostanze ma Modi significa affermare il primato del tessuto di relazioni sugli individui a cui queste relazioni danno forma. Significa affermare il primato dei processi di individuazione sugli individui cioè l’individuo è sempre un processo che si sta individualizzando.
Cosa significa dire allora che questa res cogitans, cioè l’ego, questo spazio chiuso di interiorità è un Modo?
In primo luogo, ed è questo è il punto fondamentale in Spinoza, significa infrangere la chiusura dello spazio di interiorità. Non ci troviamo di fronte ne allo spazio di interiorità cartesiano ne alla monade leibniziana. Il Modo non è soltanto relazione verso l’esterno ma è costituito esso stesso da relazione. Questo significa che se lo spazio di interiorità cartesiano è una stanza senza porte ne finestre che contiene delle cose-idee (res) con una sorta di segnaletica che ci permette di muoverci nel mondo esterno, nel mondo della res extensa, la mente spinoziana non è un contenitore di idee ma è una struttura relazionale di idee. Non c’è nulla nel fondo oltre questa struttura relazionale. Struttura relazionale aperta che permette, per definizione, la composizione con altre strutture relazionali anzi non può esistere senza tale composizione e quindi per Spinoza è evidente, non solo il fatto che non si pensa da soli ma in relazione con altre menti, e non si può pensare da soli non perché pensare da soli sia peggio che pensare con altri ma perché è semplicemente impossibile pensare da soli. Per Spinoza cioè la mente è una struttura relazione, noi non pensiamo mai da soli. Essendo allora il Modo  una struttura relazionale ciò che è totalmente assente in Spinoza è quello che Macpherson, in un bel libro, aveva definito l’individualismo possessivo cioè il soggetto proprietario delle proprie idee, del proprio corpo che fonda questa proprietà originaria che naturalmente diventa il modello della proprietà borghese che si afferma in quei secoli.


P.s. mi sono permesso leggerissime modifiche per rendere più scorrevole lo scritto

domenica 30 giugno 2013

Et-et



Nel post "Il mio blog" (vedi qui) scrivevo del mio naturale "sforzo di osservare i fenomeni in una chiave et-et, quindi includente, proprio perchè le nette antinomie, che spesso guidano la nostra vita, sono, per la maggior parte, nostre costruzioni o convinzioni".
Per tentare di dare la giusta profondità a questa energia/tensione che da sempre pervade tutto me stesso, voglio condividere con tutti voi due splendidi aforismi di Edgar Morin pubblicati originariamente nel 1960 nella rivista Arguments.

"Tutto ciò che riguarda l'uomo ci rivela al tempo stesso l'uomo in movimento e l'uomo permanente. L'uomo diverso e l'uomo uno.
Il mistero dell'interiorità dell'uomo e nelle sue opere, nei suoi miti, nelle sue proiezioni. Cercare l'interno nell'esterno.
Bisognerebbe mostrare che nel reale c'è meno materialità di quanto non sembri, nell'immaginario più realtà di quanto non si creda e, attraverso tale ravvicinamento, tentare di considerare la loro stoffa comune: la realtà." [1]

" In mancanza di modelli, c'è un tipo d'uomo che sarebbe il mio ideale.
Il suo equilibrio si modifica, si distrugge e si riforma nel campo di battaglia delle contraddizioni. Non vuole abbandonare il terreno delle contraddizioni. Non vuole espellere il negativo dal mondo, ma partecipare alle sue energie. Non vuole distruggere il positivo, ma desidera resistere alla pietrificazione. Non vuole nè fuggire il reale, nè accettarlo, ma vorrebbe che il reale venisse trasformato e forse spera che un giorno verrà trasfigurato. Si sforza di rendere creatrice dentro di sè la lotta dei contrari.
Tragedia e commedia, epopea e farsa sono per lui indissolubilmente presenti in ogni istante.
Sa di essere infermo, particolare, ma ciò che sente è la miseria universale di ciascuno e non la solitudine. La solitudine è l'emicrania del mondo borghese.
Quest'uomo non odia nessuno. Le sue passioni sono l'amore e la curiosità. La sua curiosità è un'energia senza frontiere. I suoi amori non si escludono e non perdono il sapore.
Quest'uomo adulto è al tempo stesso molto vecchio, bambino e adolescente.
E' sempre in formazione.
Si ostina a cercare l'aldilà." [1]


[1] Pro e contro Marx - Edgar Morin - Ed. Erickson


giovedì 25 aprile 2013

Il capitale, il comunista e l'ex-comunista

Chi ha la pazienza di seguire questo blog sa bene come ritenga essenziale, in questi nostri tempi di crisi, porre attenzione all'uso delle parole (vedi qui e qui). Non semplicemente per il significato etimologico delle stesse ma soprattutto per il loro potere rinviante, simbolico, per la capacità di mostrarci o obliare segni di un orizzonte di pensiero che ci avvolge e ci forma. Eccone un altro esempio.




"Il capitale viene al mondo grondante sangue e sporcizia dalla testa ai piedi"
                                                                                                                                                                                                                         Karl Marx [1]





 
"La seconda osservazione riguarda il valore delle proposte per affrontare la recessione e cogliere le opportunità che si presentano (...) per potenziare l'istruzione e il capitale umano"
                                                                                            Giorgio Napolitano [2]







[1]  Il Capitale - Karl Marx
[2]  Discorso di insediamento alle Camere per il secondo mandato da Presidente della Repubblica

sabato 20 aprile 2013

Il movimento

(In questa triste giornata, dove in Italia sembra riaffacciarsi una nuova forma di monarchia, per tentare di placare il mio enorme sbigottimento, propongo a voi e a me le sagge parole di un grande filosofo.)




"Le rivoluzioni sono vere come movimenti e false come istituzioni."

                                                                                          Merleau-Ponty



P.s. ogni riferimento (ben evidenziato e sottolineato) a fatti e persone reali è esplicitamente voluto.

lunedì 1 aprile 2013

Dei cannibali ovvero i 10 saggi

"Ho avuto a lungo presso di me un uomo che aveva vissuto dieci o dodici anni in quell'altro mondo che è stato scoperto nel nostro secolo, nel posto dove era sbarcato Villegagnon, e che egli aveva chiamato la Francia Antartica ( si tratta del Brasile dove Villegagnon sbarcò nel 1557).
(...) Quell'uomo che era con me era un uomo semplice e rozzo, condizione adatta a rendere una testimonianza veritiera; poichè persone d'ingegno fino ossevano, sì, con molta cura, e più cose, ma le commentano; e per far valere la loro interpretazione e persuaderne altri, non possono trattenersi dall'alterare un pò la storia; (...) ci vuole un uomo o molto veritiero o tanto semplice da non aver di che costruire false invenzioni e dal loro verosimiglianza, e che non vi abbia alcun interesse. Così era il mio.
(...)Ora mi sembra, per tornare al mio discorso, che in quel popolo non vi sia nulla di barbaro e di selvaggio, a quanto me ne hanno riferito, se non che ognuno chiama barbarie quello che non è nei suoi usi; sembra infatti che noi non abbiamo altro punto di riferimento per la verità e la ragione che l'esempio e l'idea delle opinioni e degli usi del paese in cui siamo. (...) Essi sono selvaggi allo stesso modo che noi chiamiamo selvatici i frutti che la natura ha prodotto da sè nel suo naturale sviluppo; laddove, in verità, sono quelli che col nostro artificio abbiamo alterati e distorti dall'ordine generale che dovremmo chiamare selvatici. In quelli sono vive e vigorose le vere e più utili e naturali virtù e proprietà, che invece noi abbiamo imbastardite in questi, soltanto per adattarle al piacere del nostro gusto corrotto.
(...)Quei popoli mi sembravano barbari in quanto sono stati in scarsa misura modellati dallo spirito umano e sono ancora molto vicina alla loro semplicità originaria.
(...)Hanno non so quali preti e profeti, che si mostrano molto di rado al popolo, avendo la loro dimora sulle montagne. (...) Questo profeta parla loro in pubblico, esortandoli alla virtù e al dovere (...) questi profetizza le cose a venire, e i risultati che devono sperare dalle loro imprese, li spinge alla guerra o li dissuade dal farla; ma a tale condizione, che se non indovina bene, e se accade loro diversamente da quanto egli ha predetto, è tagliato in mille pezzi, se riescono ad acchiapparlo, e condannato come falso profeta. Per questo quello che si è sbagliato una volta non lo si vede più.
(...) Quelli che maneggiano le cose dipendenti dalle capacità umane, sono scusabili una volta che hanno fatto quello che potevano. Ma quegli altri, che vengono a ingannarci con assicurazioni di facoltà straordinaria che è al di fuori della nostra conoscenza, non bisogna forse punirli perchè non mantengono la loro promessa, e per la temerità della loro impostura?" [1] (Montaigne)

Il 30/03/2013 il nostro Presidente della Repubblica ( simpaticamente ribattezzato Re Giorgio) ha annunciato: " mi accingo a chiedere a due gruppi ristretti di personalità tra loro diverse per collocazione e per competenze, di formulare, su essenziali temi di carattere istituzionale e di carattere economico-sociale ed europeo, precise proposte programmatiche che possano divenire in varie forme oggetto di condivisione da parte delle forze politiche."
Praticamente si tratta dell'ennesima formazione di una sorta di commissione, definita dai media "dei saggi" (anche se ci vuole veramente una fantasia estrema a definire "saggi" Violante e Quagliariello), che avrà l'unico ed evidente scopo di fare da camera di compensazione fra i due principali partiti politici (PD-PDL) per permettere ad entrambi di formare, più in là, un "governissimo" senza che i vari elettorati di riferimento sbranino i loro rappresentanti in Parlamento.
Mentre Montaigne ci racconta che, nelle comunità di quelli che noi occidentali definivamo e continuiamo a definire "selvaggi", i preti e i profeti scendevano dalle montagne per profetare in rarissime occasioni e in conseguenza di straordinari avvenimenti, nelle nostre moderne società l'andirivieni di  questi figuri è all'ordine del giorno.
Questa pratica ha reso evidente che quella "cosa sporca che continuiamo a chiamare democrazia" (Gaber), che dovrebbe avere il suo massimo punto di splendore nella scelta, attraverso le elezioni, dei rappresentanti del popolo, ormai è solo un falso racconto tramandato da generazioni.
Si badi bene che queste pratiche non sono solo monopolio del nostro Stato ma sono l'essenza di tutte le democrazie e trovano, per noi, il massimo punto di stortura nelle varie istituzioni Europee che sono formate da personalità mai passate al vaglio del popolo e sulle decisioni delle quali non abbiamo neanche la possibilità a posteriori di intervenire.
Tutto quello che riguarda l'Unione Monetaria dovrebbe essere assolutamente studiato da tutti noi ( e da questo punto di vista vi invito a dare un'occhiata allo splendido lavoro di divulgazione che da anni sta facendo il prof. Alberto Bagnai che potrete trovare sul blog www.goofynomics.blogspot.com) perchè rappresenta una vera e propria rapina della sovranità popolare perpretata da saggi e profeti volutamente artefatta da media conniventi e compiacenti il potere.
Sicuramente introdurre le pratiche barbare (la morte atroce di chi divinizza cose sbagliate dopo essersi presentato quale custode di capacità straordinarie) di cui ci parla Montaigne, non è culturalmente e moralmente immaginabile ma credo che debba essere ben chiaro che, al punto in cui siamo, cannibalizzare intere popolazioni, in quello che definiamo il democratico Occidente, è l'unica vera barbarie che tutti noi non dobbiamo permettere che accada.


[1] Saggi - Tomo I - Cpitolo XXXI - Montaigne - Adelphi ed.

mercoledì 2 gennaio 2013

Dieci anni senza il Signor G



Il primo gennaio del 2003, nella sua casa in Versilia, moriva Giorgio Gaber.
E' impossibile trovare parole per descrivere questo immenso vuoto per tale motivo mi limito a pubblicare il testo di una sua canzone, naturalmente scritta con il sodale Luporini, permettendomi di evidenziare, in grassetto, alcune frasi che mi hanno sempre colpito e sulle quali dovremmo riflettere con molta attenzione, soprattutto in questi nostri tempi difficili.
Ciao Giorgio e grazie di tutto.

Una nuova coscienza

di Gaber - Luporini

 
Io come uomo
io vedo il mondo
come un deserto di antiche rovine.
Io vedo un uomo
che tocca il fondo
ma forse al peggio non c'è mai una fine.
Nel frattempo la vita non si arrende
e la gente si dà un gran da fare
tanti impegni tante storie
con l'inutile idea di colmare
la mancanza
di una nuova coscienza
di una vera coscienza.

[parlato] È come se dovessimo riempire un vuoto profondo. E allora ci mettiamo dentro: rimasugli di cattolicesimo, pezzetti di sociale, brandelli di antichi ideali, un po' di antirazzismo, e qualche alberello qua e là.

La decadenza
che viviamo
è un malessere
che ci prende pian piano.
È una specie di assenza
che prevede una sosta obbligata
è la vita che medita
ma si è come assopita.
Siamo vivi
malgrado la nostra apparenza
come uomini al minimo storico di coscienza.

[parlato] È come se la vecchia morale non ci bastasse più. In compenso se ne sta diffondendo una nuova che consiste nel prendere in considerazione più che altro i doveri degli altri... verso di noi. Sembrerà strano ma sta diventando fortemente morale tutto ciò che ci conviene.
Praticamente un affare.

La decadenza
che subiamo
è uno scivolo
che va giù piano piano.
È una nuova esperienza
che ti toglie qualsiasi entusiasmo
e alla lunga modifica il tuo metabolismo.

Siam lì fermi malgrado la grave emergenza
come uomini al minimo storico di coscienza.

[parlato] E pensare che basterebbe pochissimo. Basterebbe spostare a stacco la nostra angolazione visiva. Guardare le cose come fosse la prima volta. Lasciare fuori campo tutto il conformismo di cui è permeata la nostra esistenza. Dubitare delle risposte già pronte. Dubitare dei nostri pensieri fermi, sicuri, inamovibili. Dubitare delle nostre convinzioni presuntuose e saccenti. Basterebbe smettere di sentirsi sempre delle brave persone. Smettere di sentirsi vittime delle madri, dei padri, dei figli. Smascherare, smascherare tutto: smascherare l’amore, il riso, il pianto, il cuore, il cervello. Smascherare la nostra falsa coscienza individuale.
Subito. Qui e ora.
Sì, basterebbe pochissimo. Non è poi così difficile. Basterebbe smettere di piagnucolare, criticare, fare il tifo e leggere i giornali. Essere certi solo di ciò che noi viviamo direttamente. Rendersi conto che anche l’uomo più mediocre può diventare geniale se guarda il mondo con i suoi occhi. Basterebbe smascherare qualsiasi falsa partecipazione. Smettere di credere che l’unico obiettivo sia il miglioramento delle nostre condizioni economiche perché la vera posta in gioco... è la nostra vita. Basterebbe smettere di sentirsi vittime del denaro, del lavoro, del destino e persino del potere, perché anche i cattivi governi sono la conseguenza naturale della stupidità degli uomini. Basterebbe rifiutare, rifiutare la libertà di calpestare gli altri, ma anche la finta uguaglianza. Smascherare la nostra bontà isterica. Smascherare la nostra falsa coscienza sociale.
Subito. Qui e ora.
Basterebbe pochissimo. Basterebbe capire che un uomo non può essere veramente vitale se non si sente parte di qualcosa. Basterebbe abbandonare il nostro smisurato bisogno di affermazione, abbandonare anche il nostro appassionato pessimismo e trovare finalmente l’audacia di frequentare il futuro con gioia.
Perché la spinta utopistica non è mai accorata o piangente. La spinta utopistica non ha memoria e non si cura di dolorose attese.
La spinta utopistica è subito. Qui e ora.

Io come uomo
io vedo il mondo
come un deserto di antiche rovine.
Io vedo un uomo
che tocca il fondo
ma forse al peggio non c'è mai una fine.
Perché non c'è nessuno che dia un senso
alle cose più semplici e vere
alla vita di ogni giorno
all'urgenza di un uomo migliore.

Io vedo un uomo
solo e smarrito
come accecato da false paure.
Ma la vita non muore
per le bombe
per la plastica o le acque del mare
e le ansie un po' inventate
son pretesti per non affrontare
la mancanza di una vera coscienza
che è la sola ragione
della fine di qualsiasi civiltà
.