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giovedì 15 marzo 2012

Etica dell'estetica

Nella ricerca del Censis su "I valori degli italiani", presentata il 13/03/2012, si legge che "il 70% degli italiani è convinto che vivere in un posto bello aiuta a diventare persone migliori. Crede quindi che ci sia un legame tra etica ed estetica...".
Il risultato di tale ricerca mi ha colpito per due ordini di motivi.
Il primo riguarda il legame tra etica ed estetica che riporta in evidenza il pensiero di Michel Maffesoli.
Il sociologo francese, nella sua capacità di osservare l'uomo e il suo ambiente sociale, già dagli anni '80 del secolo scorso aveva posto l'accento su temi, che allora potevano risultare eccentrci, ma che con il tempo sono divenuti di grande attualità (si pensi al tribalismo, al nomadismo, al radicamento dinamico ed, appunto, all'etica dell'estetica).
Già di per sè i termini utilizzati e coniati da Maffesoli denotano un'attenzione al "sentire", al "provare", non mostrandoci oggetti dai contorni nitidi incasellabili in ordini e gerarchie.
Infatti l'etica dell'estetica è, appunto, un venire in luce di valori etici che scaturiscono dalla condivisione di spazi, sentimenti, emozioni che, nutrendosi di semplice prossemia, finiscono per legarci gli uni agli altri in un modo etico donandoci un fondamento sul quale stabilire il "giusto".
Cercando di fare un esempio possiamo pensare al suono di un accordo di chitarra.
Seppur le 6 corde hanno diverse tensioni e tonalità il vibrare insieme, in un determinato modo e in un determinato momento di un brano, ci regalano un unico suono che non è solo bello ed armonico ma anche "giusto".
Urge qui precisare, inoltre, che siamo lontani dal significato che estetica ha assunto ai giorni nostri ma ci si rifà al significato originario quale conoscenza attraverso i sensi (V. Mele)  [1] tema trattato ampiamente anche da Simmel, che come Maffesoli, se non in modo ancora più subdolo, è stato volentieri snobbato dall'intellighentzia ufficiale.
Il secondo motivo nasce da un mio senso di frustazione nei confronti delle metodologie di ricerca empiriche su tematiche socio-economiche (anche se, come nel nostro caso,  condotte da prestigiosi Istituti come il Censis).
Non mi ha mai convinto il determinare atteggiamenti, pensieri, aspettative, desideri, comportamenti umani con indagini statistiche.
Ridurre il complesso per avere un'immagine del reale, anche se per certi versi inevitabile, alla lunga finisce esso stesso per determinare e costringere la stessa multiforme realtà in una determinata forma.
Inoltre, nella maggior parte dei casi, noi troviamo e scopriamo semplicemente quello che cerchiamo a riprova di ciò lo stesso Censis il 07/07/2011 aveva indetto una conferenza su "Gli italiani e la bellezza" per poi scoprire, nella ricerca, che il 70% degli stessi crede in un legame tra etica ed estetica.
Volendo, però, non eccedere in un'aspra critica, prendo per buona questa tendenza emersa, che ad osservatori attenti come Maffesoli era già risultata evidente da anni, con la speranza che, come purtroppo spesso accade, l'incasellarla in una percentuale statistica e il volerla definire con strumenti di una ragione astratta, non finisca per convogliarne gli effetti in nuovi argini di "ordine" e "potere".

[1] Presentazione del saggio di Simmel Estetica Sociologica in Leggere Simmel a cura di Antonio De Simone - Ed. Quattroventi

domenica 30 ottobre 2011

Il ritorno del popolo



                                                                                       "Quando passa il gran signore,
                                                                                         il saggio villico fa un profondo
                                                                                         inchino e silenziosamente
                                                                                         scorreggia"
                                                                                         Proverbio etiope [1]

                                                                                        "E poì la gente,
                                                                                          perchè è la gente che fa la storia, 
                                                                                         quando si tratta di scegliere e di andare,
                                                                                         te la trovi con gli occhi aperti,
                                                                                         che sanno benissimo che cosa
                                                                                         fare"
                                                                                         La storia - Francesco De Gregori




"Il re è nudo" e quel che è peggio, per lui, parafrasando una famosa battuta di Woody Allen (Dio è morto e anche io oggi non mi sento tanto bene), il re non gode di buona salute.
D'altronde non poteva essere altrimenti visto che il re, il principe, il presidente, il capo, il politico non sono altro che figure laicizzate del "Potere divino".
Ora bisogna capire se morirà di morte naturale o se ci sarà qualcuno che avrà il coraggio di staccare la spina.
Se guardiamo alle epoche storiche passate c'è sempre stato chi ha avuto tale coraggio: Il Popolo.
In questi nostri tempi tragici vi è il ritorno, appunto, del popolo.
Esso è sempre stato visto con sdegno e sospetto da intellettuali, accademici, burocrati, politici "per due ragioni essenziali. Da una parte perchè il popolo si preoccupa senza vergogna di quella che è la materialità della vita; di tutto ciò che è prossimo, potremmo dire, in opposizione all'ideale e al differimento del piacere. Dall'altra perchè sfugge al gran fantasma del numero, della misura, del concetto, che è da sempre quello della procedura teorica".(Maffesoli) [2]
In ogni nostro gesto, parola, pensiero, per quanto razionalmente finalizzato, c'è sempre un'eccedenza, una parte che sfugge a qualsiasi comprensione e che nel suo vibrare ci permette di percepirla, intuirla ma mai concettualizzarla (in un certo senso, in essa, possiamo vedere un'altra forma dei residui teorizzati da Vilfredo Pareto).
Si tratta di un'energia arcaica, primordiale, una potenza, una fonte alla quale si ritorna per rivitalizzarsi.
E' scritto nell'Ecclesiaste: "I fiumi ritornano alla sorgente per scorrere di nuovo".
Il popolo, o quello che definiamo con questo termine, nel bene o nel male, o come direbbe Nietzsche al di là dal bene e dal male, rappresenta, a mio parere, questa eccedenza.
Le effervescenze che si vivono quotidianamente attraverso la musica, lo sport, il ritorno del sacro, l'attenzione alla natura (ecologia), l'attenzione al nostro corpo sono tutte forme di neotribalismo (Maffesoli) che si coagulano nella massa, nel popolo.
Troppo facilmente, a mio parere, sono tacciate di effimero o di vuoto, come accade, ad esempio, alla moda ( il testo di Simmel La moda rappresenta bene come essa non sia solo una forma di conformismo ma una tensione che permette, allo stesso tempo,  al soggetto di esprimersi fondendosi ad un gruppo e distingursene individualmente).
Ripeto c'è sempre un'eccedenza, quello che può variare è il suo manifestarsi, il suo essere ombra o luce.
Le ultime manifestazioni degli indignados in tutto il mondo rappresentano bene questa energia popolare.
Si badi bene, se domandi ad uno dei manifestanti perchè protesta ti risponderà per il lavoro, contro la precarietà, per la democrazia, contro la politica, per i diritti e tantissime altre cose giustissime.
Ma se chiedi loro, e se lo chiediamo a noi stessi, che cosa è la democrazia, la politica, il lavoro, i diritti le risposte saranno sicuramente varie e balbettanti.
Giorgio Gaber scrive, con fredda ironia, nel testo "La democrazia": "Io, da quando mi ricordo, sono sempre stato democratico, non per scelta, per nascita".
Questa, però, non è una debolezza.

sabato 24 settembre 2011

L'antipolitica

Il termine antipolitica è entrato prepotentemente nel nostro lessico quotidiano.
A volte è usato per affermare una pigrizia, un'assenza o una passività a volte una netta contrapposizione alla sfera politica del nostro essere "società".
In entrambi i casi l'uso che viene fatto è comunque negativo.
Volendo, però, sfuggire ad una semplicistica polemica contro le tante parole, spesso volgari, che le "anime belle" (giornalisti, politici, professionisti della comunicazione, accademici, burocrati) pronunciano quotidianamente, vorrei proporre un percorso che permetta, a mio parere, di sfumare i toni esasperati ed esaltare un'"energia interna" che anima le mille "tribù" rappresentanti di questa vituperata antipolitica, siano essi movimenti, comitati di quartiere, gruppi studenteschi, associazioni ecologiste, ecc..
Il mio intento non è di esprimere un giudizio di valore, al quale sarei istintivamente portato, ma di evidenziare questa "energia interna" aiutandomi con concetti che formano il nucleo centrale del pensiero di Maffesoli.
Inizierei partendo dalla riflessione del sociologo francese sulle diverse libidines (desideri profondi che guidano l'azione umana).
Al predominio della libido dominandi (brama di potere e controllo su noi stessi e sul mondo) e della libido sciendi (energia mirante alla conoscenza), di norma sempre alleate in quanto dominare è conoscere e viceversa, si contrappone la libido sentiendi (energia mirante a sentire, a provare che si alimenta di una prossemia sempre più evidente).
Maffesoli parla di una reviviscenza di un'erotica sociale, un orgiasmo diffuso (libido sentiendi) che, appunto, non può essere concepita da una libido dominandi/sciendi per le quali, in forma parossistica, importa il potere, il politico, il controllo, l'ordine per indirizzare l'uomo a quella società perfetta, versione laica della "Città di Dio" giudaico-cristiana.
Questo connubio fra libido domindandi e sciendi esprime un'energia rivolta ad un futuro prossimo raggiungibile attraverso un altro mito moderno: "il Progresso senza fine" legato a doppio filo ad una crescita economica illimitata.
La sclerotizzazione della forma-istituzione (politico/economica/tecnologica), esplosa con la modernità, innesca, inevitabilmente, un ritorna ad un'energia "ctonica" (terrestre) che si interessa a ciò che si sente, che si prova, che si respira.
Alla società che si è rivolta verso "la Storia da fare" subentrano comunità che consumano energia creando e ricreando una socialità appannata da decenni, se non secoli, di "Progresso" (la gabbia d'acciaio di Max Weber).
Maffessoli scrive:
"Così, nei nostri paesi democratici, ciò che le anime belle chiamano sviluppo dell'antiparlamentarismo (aggiungo io dell'atipolitica), è forse solo una resistenza nei confronti della libido dominandi che anima la vita pubblica, o ancora, una saturazione del gioco politico che è considerato solo in virtù di ciò per cui conserva un interesse: le sue performance teatrali". [1]
Quando la divisione tra il nostro vissuto quotidiano e la politica, che dovrebbe esserne una sua espressione, si rende incolmabile si riattiva il livello profondo della potenza " che deve permettere di superare la pesantezza delle costruzioni economiche e sociali e così facendo di ristrutturare una nuova totalità che lo Stato razionalizzatore, o ogni altra istituzionalizzazione, aveva troppo irrigidito" [2]
"E' questa opposizione fra il potere estrinseco e la potenza intrinseca su cui bisogna riflettere (...) cosa che ci obbliga a configurare la saturazione del potere (del politico) nella sua funzione proiettiva e l'emergere di quella potenza che muove in profondità la molteplicità delle comunità sparse, frammentate (...) da parte mia, vi vedo una struttura antropologica che, attraverso il silenzio, l'astuzia, la lotta, la passività, l'umore o la derisione, sa resistere con efficacia alle ideologie, agli insegnamenti, alle pretese di coloro che intendono dominare o fare la felicità del popolo" [3]
Si badi bene che, in questo mio argomentare, il fine, lo scopo, l'oggetto per il quale ci si riunisce in comunità, anche se dall'esterno sembra essere essenziale, ha un'importanza secondaria (sia esso la lotta per la salvaguardia della sopravvivenza delle balene, la petizione per l'illuminazione di una strada pubblica, la raccolta firme per un referendum).
Quello che mi preme evidenziare è un sentire comune, un'"energia intena", un "divino sociale" (Durkheim), un appartenenza alla "comunità di destino" (Morin), un vitalismo che cozza contro una statica, una ragione astratta, un "potere istituito" che vive e si alimenta solo di se stesso.
Assistiamo, così, alla sostituzione di un sociale razionalizzato con una socialità a dominante empatica.(Maffesoli)
Il disordine che sembra invadere le nostre strade è anch'esso una risposta ad un ordine che ormai opprime non armonizzando più un sociale che per sua natura è dinamico.
"In ciascuno di noi, e quindi nella società, c'è una dimensione maledetta, una parte di male che deve essere in qualche modo gestita. Nell'idea del potere c'è anche la cinica condivisione di questa dimensione malefica. La politica infatti ha la funzione di assorbire, gestire ed eventualmente ridistribuire il male presente nella realtà. Oggi però il potere pretende di incarnare solamente il bene. Vuole essere buono e morale. Si presenta come una potenza del bene che impone il suo ordine dappertutto (...) ma così facendo, procede per espulsione, escludendo qualsiasi elemento esterno che rischia di rimmetterlo in discussione (...) il mondo naturale scompare" (Baudrillard)
Nelle assemblee, nella roccalta firme, nelle manifestazioni, nei gruppi che si formano sui social-netwok possiamo, inoltre, vedere il ritorno del "rito".
Il "rituale" che, come ormai è stato evidenziato da  schiere di antropologi e sociologi, non è finalizzato, nel senso di orientato verso uno scopo, ma ripetitivo e rassicurante permette alla comunità di ricordare il suo essere "corpo" esaurendo e rigenerando un'energia che unisce.
Quindi, per concludere, in questo nostro difficile tempo, dobbiamo, a mio parere, cercare di essere attenti e ricettivi agli umori, ai sapori, a quello che si sente nell'aria, ai sentimenti, barbarici o angelici che siano, abbandonando facili moralismi e razionalizzazioni ai quali il pensiero occidentale è da sempre incline.


[1] [3] Il tempo delle tribù - Maffesoli - Ed. Guerini studio
[2] Estratti tratti da Un mondo a spirale - Fabio D'Andrea - Ed. Bevivino editore

mercoledì 24 agosto 2011

I Papa-boys

 Si è conclusa da pochi giorni la Giornata Mondiale della Gioventù, XXVI edizione dell'incontro internazionale dei giovani cattolici.
Come ogni anno me ne sono totalmente disinteressato, nonostante l'invasione mediatica, ormai lontano e anche estremamente critico nei confronti dell'istituzione Chiesa.
Nel "La trasfigurazione del politico" di Maffesoli, però, come spesso mi capita nella lettura del sociologo francese, il suo pensiero e le sue visioni hanno spinto il mio naturale disinteresse nei confronti di tale raduno a trasformarsi in un'attenzione riflessiva.

Scrive Maffesoli:
" Senza alcuna provocazione...non è detto che tutti i partecipanti (ai raduni religiosi) siano d'accordo con il magistero e la dottrina...è probabile che molti, senza troppo preoccuparsi di quello che si dice, partecipino per cantare, vibrare, emozionarsi insieme, toccarsi, stabilire dei contatti, entrare in relazione, che molti vogliano vivere un bel momento, un'opportunità, per sentirsi parte di un corpo collettivo....Il giorno successivo non saranno necessariamente gli apostoli che si crede che siano, ma tuttavia resterà, nell'attesa di un nuovo raduno, il ricordo della fratellanza calorosa che li ha uniti per un istante...La festa offerta dall'istituzione, in effetti, serve a tutt'altro; il collettivo approfitta dello spettacolo, "ruba", un'occasione di effervescenza che siamo sempre pronti a cogliere....Al tempo vuoto e omogeneo del concetto storico, si sovrappone l'opportunità dell'evento, l'intensità della durata, la voglia, in qualche modo tragica, di vivere un istante eterno"
( Pag. 242, 243, 245 - La trasfigurazione del politico - Ed. Bevivino)

La visione maffesoliana permette, all'osservatore, di non cadere in un facile moralismo e di slegarsi da pregiudizi estremamente limitanti e inoltre ci suggerisce una nuova possibilità di interpretare l'attuale e i suoi momenti che troppo semplicisticamente e pomposamente vengono classificati in una visione "aut-aut" tipica della modernità. (bene-male; buono-cattivo; giusto-sbagliato)
Dobbiamo spingerci in un territorio nuovo dove la riduzione, la sintesi, il contraddittorio cede il passo al "contraddittoriale"*.
Certamente tanti di quei giovani, riuniti quest'anno a Madrid, erano lì per fede, per partecipate ad una giornata dedicata al loro sentire religioso ma sicuramente vi erano altri non lontani dall'immagine di Maffesoli e probabilmente, tutti insieme, porteranno nelle loro vite un "istante eterno", un'esperienza estetica collettiva che si dissolve in un potente hic et nunc senza attendere ne desiderare un nuovo fiorito futuro o un nuovo paradiso.


*per il significato del termine vedere voce nel "piccolo vocabolario"

venerdì 12 agosto 2011

Le rivolte

 













Le attuali rivolte in Inghilterra, le rivolte in Nord-Africa, le piazze delle città occidentali e di tutto il mondo che si riempiono periodicamente di gente che protesta per il lavoro che non c'è, per difendere quello che c'è, per le pensioni, per i diritti delle donne, per i diritti dei gay sono diventate una costante nel nostro quotidiano.
A volte sono movimenti organizzati alla vecchia maniera da sindacati, partiti o associazioni ma, sempre più spesso, sono movimenti nati spontaneamente, molti in rete, che accomunano persone di svariate estrazioni.
La loro vita dura un deccennio, un anno, un mese a volte un solo giorno.
Poi ricompaiono sotto nuovi simboli, nuove bandiere a difendere o reclamare nuovi diritti, rispetto di quelli già sanciti, pane, dignità, libertà, democrazia contro un governo, un monarca, una stato o un dittatore.
I volti di queste persone li ritrovi in nuovi movimenti, in nuovi gruppi, in nuove tribù a volte coperti da un passamontagna, da un casco, da bandane a volte sono scoperti e innocenti.
Volti diversi che sono, in fondo, un solo volto quello del disagio, della frustrazione, della crisi.
Prescindendo dalle svariate diagnosi degli "esperti" l'unica cosa certa e che la società occidentale e la sua colonizzazione mondiale sta implodendo.
La Megamacchina tecno-economica è sfuggita da tempo di mano all'uomo e sembra non potersi arrestare.
Stiamo vivendo, a mio parere,  un'epoca di "slittamento paradigmatico", come afferma il prof. D'Andrea.
I grandi valori, le ideologie, le religioni, i saperi inaridiscono e una nuova "animalità sociale", frammentata, si affaccia nel nostro quotidiano.
Probabilmente, seguendo Sorokin e la sua critica alla tardo modernità sensistica, siamo alle soglie o già immersi in un'epoca di passaggio e di profondo mutamento.
Ma, come sempre accade in ogni momento del genere, il "Potere" e l'"Istituito" non possono accettare tale mutamento pena la loro estinzione e quindi, a differenza della nostra "società liquida", si solidificano sempre più e nello stesso tempo si rinchiudono ermeticamente nelle loro stanza, veri sepolcri imbiancati.
Vale, oggi come non mai , la lezione di Simmel, base del sul pensiero, su Vita e Forme.
La vita è sia un fluire incessante sia una produzione di forme in cui questo fluire si manifesta. Le forme non sono solo idee, simboli ma anche istituzioni, prodotti della vita economica, opere d'arte in definitiva tutto ciò che chiamiamo "cultura" sia nel suo aspetto materiale che espressivo.
In ciascuna di queste forme la vita si esprime ma nello stesso tempo si rapprende. La forma, per sua stessa natura, si contrappone al fluire della vita ma, inevitabilmente, ne viene scavalcata. Da ciò emerge ciò che Simmel chiama la "tragedia", termine che descrive in modo atroce ma veritiero il nostro tempo.
Da alcuni anni ho deciso di intraprendere un cammino di scoperta di nuovi autori che possano meglio accompagnarmi nel mio vivere e offrirmi nuove visioni di quello che mi circonda.
Ho scoperto così un'infinità di personaggi, nei più svariati campi, che da decenni avevano, non solo intuito la tragedia, ma anche cercato e proposto nuove vie.
Uno di questi è certamente il sociologo Michel Maffesoli.
A lui dedicherò una pagina di questo blog mentre qui voglio semplicemente limitarmi ad illustrare la sensazione, estremamente personale, che la lettura dei suoi scritti mi ha suscitato.
Farò questo aiutandomi con una metafora di tipo visivo.
I libri di Maffessoli offrono al lettore nuovi "occhiali" che permettono di avere un nuovo sguardo. Nietzsche diveva: "Non esistono fatti, solo interpretazioni". Infatti, le nuove lenti che Maffesoli offre al lettore, non aiutano a creare nuovi colori o nuove forme ma a far rinascere potenzialità, già incluse nel nostro sguardo, che si erano atrofizzate col tempo.
Allo stesso tempo non si tratta solo di offrire "nuovi mezzi" ma anche di aiutare a posizionarci in nuovi luoghi per vedere nuovi orizzonti, da sempre già esistenti.
Come Simmel spiega nel libro Sociologia la società per certi versi non esiste affatto. Tutto dipende sempre da un certo punto di vista e dalla distanza dall'oggetto su cui riflettere.
Da vicino vediamo individui, lo stesso individuo visto al miscroscopio scompare e appaiono cellule, visto da lontato diventa una figura indistinta in una moltitudine. Quindi dipende tutto da una certa prospettiva.
Solitamente per avere una visione quanto più ampia possibile si cerca di aumentare la distanza dall'oggetto dello sguardo e si cerca un punto alto, una verticalità.
Ma il paradosso di Maffesoli sta proprio nell'orizzontalità.
Lui resta nella giungla di asfalto delle nostre città, dei nostri paesi, delle nostre società
Questo significa che dinanzi i suoi occhi, in ogni istante, si materializzano uomini, macchine, palazzi, animali, frigoriferi, piante, televisori accesi, cose che intralcerebbero la possibilità di arrivare con lo sguardo a grandi distanze.
Ma il suo sguardo è "includente", lui non evita anzi si sofferma, lui passa oltre non andando oltre.
Sembra impossibile ma in fondo è solo questione di coraggio e di onestà.
E', semplicemente, accettare e vivere interamente quella "libido sentiendi" di cui parla nei suoi libri.