lunedì 16 luglio 2012

Physis kryptesthai philei


Nella prefazione della Critica della ragion pura Kant fa un elogio della scienza moderna che consiste nel fatto che essa ha imparato che bisogna interrogare la natura non come uno scolaretto interroga la maestra, cioè credendo alla cose che gli vengono dette, ma come un giudice che interroga l'imputato, cioè avendo "noi" le nostre domande da porre, avendo "noi" il nostro sistema razionale e mettendolo "noi" alla prova negli esperimenti che vengono dati.
L'intento di Kant è di riuscire a fare in filosofia quello che la rivoluzione copernicana ha significato per la scienza e per tale motivo egli muove la sua indagine non chiedendosi, come si era sempre fatto, come sono fatte le cose in sè stesse ma come devono essere fatte per venire conosciute da noi.
Invece di partire dal mondo bisogna partire dall' "Io che contempla il mondo".
Cento anni prima della stesura della Critica, Newton dava alle stampe Philosophiae Naturalis Principia Mathematica che sarà considerato da molti come la nascita della fisica moderna nel quale l'immenso scienziato britannico trattava in modo sistematico la meccanica attraverso la geometria e la matematica dimostrando, in modo illuminante, quello che asseriva Galileo: "La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto".
Queste tappe, che ho ricordato, dell'immenso cammino fatto dall'uomo per conoscere il mondo e se stesso, sottendono però un movimento che, nello scorrere dei secoli, si è fatto sempre più equivoco e pericoloso.
L'essere umano è diventato un soggetto che ha di contro oggetti, per poter comprendere e domare si è distaccato sempre più dalla natura che è diventata un agglomerato immenso di enti che l'uomo interroga "come un giudice" usando il linguaggio matematico.
Lo straordinario sviluppo e benessere che si sono creati hanno finito per mascherare una Hýbris (tracotanza, eccesso) che la tecnica esercita nelle nostre vite finendo per far coincidere il bene, il giusto con la soddisfazione di un bisogno, di un desiderio, di un'aspettativa.
Eppure, ad inizio dello scorso secolo, proprio nelle scienze si sono avuti smottamenti tali che avrebbero dovuto ridisegnare totalmente la traiettoria umana.
Il principio di indeterminazione di Heisenberg ne è un esempio.
"Se (...) per vedere una particella subatomica occorre illuminarla, e l'illuminazione, cozzando contro la particella, la devia, ciò che si vede non è la posizione della particella, ma la collisione che ne deriva e che non consente di stabilire la posizione della particella prima della collisione del raggio luminoso richiesto per osservarla. In questo modo, la posizione della particella è un inosservabile, perchè osservabile è la collisione della particella con le condizioni dell'osservabilità. A questo punto non si potrà mai dire se le leggi che si stabiliscono per gli osservabili valgono anche per gli inosservabili,e, in generale, se la natura, provocata o chiamata alla presenza dalle tecniche di osservazione, è la natura che si trattiene nel nascondimento dell'inosservabilità."  [1] (U. Galimberti)
In un colpo solo la tracotanza dell'uomo viene definitivamente dissolta.
Le domande, che come giudici, poniamo alla natura, attraverso la tecnica e usando il linguaggio matematico, non faranno altro che stimolare risposte a quel tipo e modo determinato di domanda e null'altro e anche se questo può essere utilizzato in un nuova tecnica per soddisfare un bisogno umano non ci svincolerà dall'obbligo principale che l'uomo ha nei confronti dei suoi simili e del mondo: la responsabilità dell'uso.
A questo punto la netta divisione fra osservatore e osservato non può più essere mantenuta e "col dissolvimento dell'oggettività uomo e natura non si fronteggiano come soggetto e oggetto, ma le possibilità della conoscenza e il senso della natura sono custoditi e condizionati dalla modalità del reciproco disporsi." [1]
Tutto ciò avrebbe dovuto portare a quella rivoluzione che Kant voleva fosse la sua filosofia ma così non è stato.
Siamo ancora imbrigliati in una "gabbia di acciaio", la tecnica sembra saper facogitare e mascherare qualsiasi nuovo modo di porsi dell'uomo nei confronti del mondo e di se stesso.
Bisognerà ancora attendere, in fondo i tempi dei cambiamenti di paradigmi si contano in secoli e millenni quindi anche se sembra passato tanto tempo dalle rivoluzioni di inizio secolo scorso forse siamo solo all'inizio di una nuova era per l'uomo.
Un nuovo tempo che quando arriverà (se arriverà) non farà altro che ricordarsi che, come ammoniva Eraclito:
"La natura ama nascondersi" (Physis kryptesthai philei).




[1] Umberto Galimberti - Il tramonto dell'Occidente nella lettura di Heidegger e Jaspers - Ed. Feltrinelli




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