giovedì 13 ottobre 2011

L'ingranaggio

 











L'ingranaggio
(Gaber-Luporini)


Un ingranaggio.
Un ingranaggio.

Un ingranaggio così assurdo e complicato
così perfetto e travolgente.
Un ingranaggio fatto di ruote misteriose
così spietato e massacrante.
Un ingranaggio come un mostro sempre in modo
che macina le cose, che macina la gente
sì, sì anch’io!
Sì, anch’io…
Anch'io devo andare sempre avanti
senza smettere un momento
devo andare sempre avanti
e lavorare, lavorare, lavorare
e continuare a lavorare, lavorare, lavorare
e non fermarsi mai.

E non fermarsi mai
e non fermarsi mai
e avere dentro il senso
che non sei più vivo
e faticare tanto
trovarsi con un vecchio amico
e non saper che dire.
Capire che non ho più tempo
per il riso e il pianto
saperlo e non aver la forza
di ricominciare.

Non è che mi manchi la voglia
o mi manchi il coraggio
è che ormai son dentro
nell'ingranaggio.

Ricordo quelle discussioni
piene di passione
di quando facevamo tardi
dentro a un'osteria.
L'amore, l'arte, la coscienza
la rivoluzione
sicuri di trovar la forza
per andare via.

Non è che mi manchi la voglia
o mi manchi il coraggio
è che ormai son dentro
nell'ingranaggio.

L'ingranaggio.
Questo ingranaggio così assurdo e complicato
così perfetto e travolgente.
Quest'ingranaggio fatto di ruote misteriose
così spietato e massacrante.
Quest'ingranaggio come un mostro sempre in moto
che macina le cose, che macina la gente
sì, anch'io, devo andare sempre avanti,
senza smettere un momento
devo andare sempre avanti
e lavorare, lavorare, lavorare
e continuare a lavorare, lavorare, lavorare
e non fermarsi mai!

E non fermarsi mai
e non fermarsi mai
e ritornare a casa
silenzioso e stanco
senza niente dentro
appena il cenno di un sorriso
senza convinzione.
La solita carezza al figlio
che ti viene incontro
mangiare e poi vedere il film
alla televisione.

Non è che mi manchi la voglia
o mi manchi il coraggio
è che ormai son dentro
nell'ingranaggio…

Sono anni che considero l'opera di Giorgio Gaber il più  pregnante e lucido trattato socio-antropologico dell'Italia dagli anni '60 agli anni '90.
Ascoltando e rivedendo i suoi spettacoli, il suo "Teatro-canzone", nelle sue parole, nella sua mimica, nella sua musica vedi passare dinanzi a te gli uomini che hanno vissuto i tempi che egli racconta.
Ma non si tratta solo di un semplice racconto anzi, attraverso il suo corpo smilzo, la sua faccia che di per sè è una maschera teatrale perfetta, quegli uomini sono stati portati in carne ed ossa sui palchi che Gaber ha calcato.
La sua opera è il tipico esempio di quanto la forma d'arte, qualsiasi essa sia,  può rappresentare nel miglior modo possibile l'esistenza umana.
Questo brano, incluso nell'album del 1972 Dialogo fra un impiegato e un non sò, mi è ritornato in mente rileggendo il saggio dell'economista Georgescu-Roegen L'economia politica come estensione della biologia [1], testo tratto da una conferenza tenuta dall'autore nel 1974 all'Università di Firenze.
Scrive, in apertura, Georgescu-Roegen:
"L'uomo, nella sua continua lotta per comprendere che cosa è e come funziona la natura, ha sempre cercato sostegno in qualche particolare fede epistemologica, qualche particolare dogma scientifico. Una successione di dogmi scientifici ha contrassegnato l'evoluzione del pensiero umano con periodi di mode epistemologiche e continuerà così anche in futuro. In ciascuno di questi periodi, gli scienziati non solo si sono sforzati di accumulare prove a favore del dogma dominante, ma lo hanno anche considerato servilmente come l'unica fonte di fertile ispirazione. Un esempio illuminante di questo culto per i dogmi è dato dalla scienza economica, che è giunta a maturazione proprio nel momento in cui il dogma meccanicistico si trovava al suo apogeo".
 In queste parole è ben chiaro il punto di attacco dal quale Georgescu-Roegen svilupperà la sua Bioeconomia, la netta antitesi con il pensiero economico classico e la sua fede nel meccanicismo e nelle teorizzazioni matematiche che, come ben afferma il prof. Bonaiuti nella prefazione al libro, continua a sopravvivere al giorno d'oggi in virtù degli stretti legami con l'ideologia neoliberista, e il recupero del pensiero biologico coniugato alle straordinarie scoperte in termodinamica.
Cercherò, per quanto mi sia possibile, di chiarire il nucleo della teoria bioeconomica.
Il pensiero di Georgescu-Roegen fu fortemente influenzato, come egli stesso chiaramente ammette nei suoi scritti, da un affermazione di Alfred Marshall secondo il quale il metodo più adatto, per comprendere i processi economici, è "più lontano da quello fisico (meccanico) e più affine a quello biologico", e dall'osservazione di Alfred Lotka secondo la quale gli esseri umani sono sostenuti da due tipi di organi: gli organi endosomatici, di cui essi sono dotati dalla nascita, e gli organi esosomatici, cioè quelli da loro prodotti e utilizzati.
Questi strumenti esosomatici sono soggetti a una legge ereditaria affine a quella di tipo biologico in quanto ogni generazione successiva erediterà la struttura esosomatica della precedente e, inoltre, l'estendersi dell'evoluzione biologica all'evoluzione esosomatica ha dato all'uomo la padronanza della terra.
Ma questa evoluzione esosomatica ha spinto l'uomo a vivere in società sempre più organizzate in quanto la produzione di tali strumenti non poteva essere più gestita dai membri di una piccola comunità (famiglia, clan,tribù) e da ciò, secondo Georgescu-Roegen, nasce anche il fattore di divisione sociale fra controllori e controllati, fra coloro che possiedono tali strumenti e coloro che non ne hanno.
Mi preme qui aggiungere che questa evoluzione esosomatica ha naturalmente una sua ripercussione sulla nostra esistenza ancora più profonda.
Gli oggetti che ci circondano invadono anche la sfera immaginale, emozionale, psichica ridefinendo le  percezioni e le rappresentazioni sia di noi stessi sia dell’Altro (qui inteso in modo estensivo anche come natura e come oggetti e strumenti creati dall’uomo).
E’ essenziale, secondo me, soffermarci su questo.
Nel 1900 George Simmel diede alle stampe Filosofia del denaro, libro che possiamo ritenere come centro di tutta la riflessione simmeliana sulla modernità.
Non si tratta di uno studio di economia ma di uno studio delle forme che assume lo scambio sociale in una società dove il denaro è divenuto il mediatore fondamentale.
Simmel pone in evidenza come il denaro, con la sua diffusione, tenda a reificarsi divenendo esso stesso una cosa.
Gli oggetti creati dall’uomo (oggetti esosomatici) diventano merci acquistando una vita propria.
Si passa da un valore d’uso ad un valore di scambio e gli uomini appaiono come meri esecutori di logiche che sembrano non appartenere loro.
Tutto ciò va di pari passo con lo svilupparsi di un processo di intellettualizzazione (concetto affine alla razionalizzazione di Max Weber) che determina un’espansione, nella sfera delle relazioni fra uomini, del quantitativo, del calcolabile, del funzionale.
Gli anni in cui Simmel scrive sono anni nei quali i sociologi erano impegnati a definire ed analizzare la differenziazione sociale e la divisione del lavoro che erano in atto.
Da tale differenziazione viene in primo piano l’individuo.
Soggetto capace di liberarsi dai vincoli della tradizione, padrone di se stesso, libero di intraprendere rapporti (sociali ed economici) con gli altri, capace, attraverso la tecnica e la scienza, di creare strumenti sempre più perfetti per padroneggiare la natura e le sue intrinseche manchevolezze corporee (es. medicina, scarsità di cibo).
Si rende, in altri termini, possibile la delimitazione fra una sfera soggettiva e una oggettiva che, nelle società premoderne, erano fuse insieme.
Ma questa crescente divaricazione fra la cultura oggettiva e quella soggettiva, come Simmel mette in evidenza in tutta la sua opera, determina il sorgere di uno dei grandi problemi della modernità e della nostra quotidianità.
Chiariamo, innanzitutto, cosa si intende per cultura oggettiva e cultura soggettiva.
La cultura oggettiva è  la cultura oggettivata nei prodotti dell’uomo, una sorta di sapere o, filosoficamente, di spirito incorporato delle realizzazioni umane.
La cultura soggettiva è, invece, ciò che un soggetto concreto conosce per averlo imparato, elaborato, vissuto in prima persona.
Ora un aspetto specifico della modernità, che Simmel definisce la “tragedia della modernità” sta nella sproporzione che si viene a creare fra questi due poli.
Affidiamoci proprio alle parole di Simmel:
“Se consideriamo l’immensa quantità di cultura che si è incorporata negli ultimi cent’anni in cose e conoscenze, istituzioni e in comodità, e la paragoniamo con il progresso culturale degli individui nel medesimo lasso di tempo fra i due processi si mostra una terrificante differenza di crescita, e addirittura, per certi versi, un regresso della cultura degli individui in termini di spiritualità, delicatezza, idealismo. Questa sproporzione è essenzialmente effetto della crescente divisione del lavoro (…) l’individuo è ridotto ad un granello di sabbia di fronte a un’organizzazione immensa di cose e di forze che gli sottraggono tutti i progressi, le spiritualità e i valori, trasferiti via via dalla loro forma soggettiva a quella di una vita meramente oggettiv” [2]
Quindi, riallacciandoci alla teoria biologia messa in evidenza da Georgescu-Roegen con lo sviluppo degli organi esosomaticie e al brano di Gaber, l’uomo è sempre più costretto in meccanismi impersonali dove predomina, come direbbe Maffesoli, la funzione e la libertà che acquista è privata di un contributo e un “sapore” soggettivo.
Naturalmente da qui ci potremmo inoltrare per altri sentieri ("dispendio" di Bataille , i "simulacri" di Braudillard, le teorie moderne sul consumismo) ma ritorniamo alla teoria bioeconomica.
Il successivo passaggio del pensiero di Georgescu-Roegen è quello di coniugare tale teoria biologica ai principi della termodinamica, in particolare al concetto di entropia.
L'energia esiste in due stati qualitativi: energia disponibile o libera ed energia non disponibile o legata.
L'energia libera è quella che l'uomo può utilizzare e sulla quale ha sviluppato un quasi totale controllo, si pensi, per esempio, all'energia chimica contenuta in un pezzo di carbone che l'uomo ha imparato a trasformare in calore o in lavoro meccanico.
Ma tale energia iniziale, una volta utilizzata, si dissipa sotto forma di calore, ceneri, fumo e si tramuta in energia legata non più utilizzabile.
L'energia libera implica una struttura ordinata mentre quella legata una struttura caotica e l'entropia può essere considerata una misura di tale disordine.
Ogni organismo vivente si adopera continuamente a tenere costante la propria entropia traendo bassa entropia (energia libera) dall'ambiente per compensare l'aumento di entropia al quale è naturalmente soggetto.
Praticamente tutti gli organismi viventi vivono sulla bassa entropia nella forma rinvenibile nell'ambiente ad eccezione dell'uomo che, attraverso gli organi esosomatici, trasforma le risorse naturali in lavoro meccanico ed in energia legata della quale usufruirà sono in parte.
Da ciò risulta evidente che l'attività economica non può sfuggire alla legge dell'entropia e la sua teoria deve essere totalmente rivista e allontanarsi da quell'universo meccanicistico che l'ha contrassegnata,”riportando la scienza economica dalle rarefatte atmosfere della matematica, all’universo concreto del vivere quotidiano” (Bonaiuti).
Il processo economico non può essere considerato qualcosa di isolato in quanto è saldamente ancorato ad una base materiale sottoposta a precisi vincoli.
Gli organismi viventi si affidano per la totalità a quella che è la fonte principale di energia cioè il sole, che Georgescu-Roegen  definisce in una bella immagine il magazzino cosmico dell'energia libera,  l'uomo invece è riuscito, grazie ad uno straordinario sviluppo scientifico, a spingere lo sfruttamento delle risorse terrestri ad un grado sbalorditivo.
In realtà questo è in punto nodale del grande problema dell'oggi (inquinamento, sconvolgimenti naturali/atmosferici).
Il risultato finale di questo enorme Progresso è la nostra dipendenza dalla più scarsa delle due fonti di bassa entropia (l'energia terrestre-naturale) e l'incontrollabile spirale di autosviluppo e, di pari passo di dissipazione di energia, nella quale gli uomini si sono cacciati.
Georgescu-Roegen appartiene a quella schiera di pensatori che hanno ispirato tanti altri che da anni propongono un pensiero altro e nuove declinazioni di una visione del mondo e dell’esistenza umana fuori dal paradigma dominante (si pensi alla decrescita di SergeLatouche, alla convivialità di Illich, all’empatia di Rifkin).
Tutti questi uomini e i movimenti che sono sorti e continuano a sorgere sono tacciati, dalle “anime belle”, fieri guardiani del “Potere Istituito”, di essere sognatori e utopisti.
Ma, forse, è proprio qui il nocciolo della questione.
Il sogno, l’immaginale, il ludico, il naturale scacciati da una “ragione astratta” inevitabilmente ritornano anche perché connaturali all’esistenza umana.
La crisi economica che stiamo vivendo ha, paradossalmente, un’origine “astratta” (la Finanza) che si scarica nel reale.
Questo sarebbe un altro argomento da approfondire ma lo lascio cadere altrimenti questo non sarebbe più un post ma un trattato che non sono degno di scrivere.
Concludo dicendo che sabato 15 ottobre, in tutte le piazze delle principali città del mondo, si svolgerà la più imponente manifestazione planetaria.
Gli indignados scenderanno in strada per far sentire la loro voce.
In fondo questi giovani e non in varie declinazioni, in varie lingue, in modo conscio o inconscio non fanno altro che porre una domanda che lo stesso Georgescu-Roegen poneva:
“E’ disposto il genere umano a prendere in considerazione un programma che implichi una limitazione delle sue assuefazioni alle comodità esosomatiche? Forse il destino dell’uomo è quello di avere una vita breve,  ardente, eccitante e stravagante piuttosto che un’esistenza lunga, monotona e vegetativa.
Siano le altre specie – le amebe, per esempio- che non hanno ambizioni spirituali, a ereditare una terra ancora immersa in un oceano di luce solare”. [1]




[1] Bioeconomia – verso un’altra economia ecologicamente e socialmente sostenibile – Nicholas Georgescu-Roegen – a cura di Mauro Bonaiuti – ed. Bollati Boringhieri
[2] La metropoli e la vita dello spirito – George Simmel



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